La reiterazione
- Elisabetta Eusebi
- 10 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Mentre ogni giorno mi immergo nel mio progetto di scrittura, mi accorgo di quanto sia interessante aver integrato nella mia routine, fatta di mille cose della vita ordinaria, un’azione di espansione della mia coscienza fatta di studio e profondità.
I Toltechi erano un popolo sapiente dell’antico Messico, ma più che una civiltà storica, rappresentano una via di conoscenza. Secondo la tradizione, erano artisti dello spirito, studiosi del sogno, maestri dell’energia e dell’intento. Don Juan, il mentore di Castaneda, li descriveva come “guerrieri della libertà interiore”, capaci di rompere le trame dell’illusione per incontrare la verità dietro il velo della realtà ordinaria.
I Toltechi chiamavano la reiterazione la tendenza a ricreare se stessi sempre allo stesso modo, come se la vita fosse un sogno ripetuto, una trama che si replica finché non ci si sveglia.
Ma quando dentro la ripetizione introduci un gesto nuovo e consapevole, qualcosa si incrina.
Non si tratta più di vivere in automatico, ma di coltivare una presenza diversa.
È così che, un giorno dopo l’altro, ci si sposta.
Si sale di ottava.
E la realtà inizia a riflettere qualcosa di più autentico, più vicino alla propria verità.
Scrivere ogni giorno, in mezzo agli impegni, alle cose da fare, alla vita che incalza… è diventato per me un punto fermo. Ma è un punto che si muove.
Perché mentre scrivo, cambio.
Mentre studio, mi risveglio.
E mentre continuo, sento che la coscienza si espande, proprio lì dove la vita sembrava più stretta.
La trasformazione non è fuori.
È nascosta nei piccoli atti che scegli di abitare con presenza.
Ma c'è una maniera di evolvere salendo di ottava, portando nuove abitudini frutto di consapevolezza, e così la coscienza si espande e la visione si avvicina alla propria verità.
Shinrei

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